L’intelligenza artificiale è uno strumento che può essere utile o è una minaccia per la nostra libertà? È l’interrogativo a cui ha risposto Antonio Faccioli, ingegnere e insegnante esperto in tecnologia, nel primo dei tre incontri tematici proposto dalla nostra scuola.
L’appuntamento di giovedì 24 ottobre si è concentrato su un argomento di estrema attualità che pone legittimamente la questione se si tratti di una risorsa o di un pericolo.
Si tratta, come prima cosa, di una novità relativa, perché in realtà di intelligenza artificiale nelle sue diverse declinazioni si è iniziato a parlare a metà degli anni ’50. La “rivoluzione” è arrivata «quando questo strumento si è reso disponibile a tutti, esattamente come internet», che esisteva da molto prima della sua diffusione, ma era appannaggio di settori particolari come quello militare. Non dobbiamo dimenticare però che sempre di uno strumento si tratta: «L’intelligenza artificiale – ha spiegato Faccioli – è né più né meno che un mezzo. Per la macchina non esiste vero o falso e la bontà degli esiti dipende da come la usa l’uomo». L’eventuale passaggio da strumento a limite per la libertà dipende quindi dall’utilizzo che ne facciamo noi: «se utilizzata bene, ci potenzia e ci aiuta». Si pensi, ad esempio, a ChatGPT, la forma più nota di AI che nell’immaginario comune viene considerata un modo per trovare soluzioni facili bypassando lo studio: per interfacciarsi con essa e ricavarne dei risultati coerenti in maniera efficace è necessario dare le giuste indicazioni per definire gli ambiti di ricerca. «Insegnare ad utilizzarla bene, paradossalmente, può essere lo spunto per imparare a porre le domande giuste», ha commentato Faccioli. È chiaro, ha aggiunto, che il ricorso a questi strumenti richiede una capacità critica, perciò «è essenziale che i ragazzi siano accompagnati» sia nella fruizione che nel passaggio successivo, che è quello dell’approfondimento e dello stimolo ad «andare oltre la risposta».
Lascia un commento